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I 7 dormienti ruotano su cupole che si fanno velieri.
Rullano in un cielo macedone per offrire un possibile orientamento.
Chiarori lunari per chi in viaggio ha smarrito le stelle.

Di Matteo Binci

Marco Bagnoli compone una peculiare indagine cosmica e spirituale che genera un’unione tra credenze occidentali e orientali, interpretando mitologie e scritture provenienti da secoli lontani e culture eterogenee. Entrando nello Čifte Hammam di Skopje, eretto a metà del XV secolo, ci troviamo in un luminoso libro dell’umanità scritto con immagini video e lingue discordanti capaci di generare, attraverso un processo di sintesi e sublimazione, un inedito linguaggio che oltrepassa
i messaggi della tradizione orale trascritta nella Bibbia cristiana, della narrazione fondante della Torah ebraica e del messaggio rivelato per tramite angelico del corano musulmano. Personale nell’espressione ma universale nel valore, questa scrittura composta da suoni e immagini genera
un sincretismo culturale e religioso che dialoga con la storia del luogo utilizzato nel corso dei secoli da islamici, ebrei e cattolici. Bagnoli attinge i termini e le visioni dalle storie che dall’antica Efeso attraversano la contemporanea Auroville indiana – incrocio di conoscenze e cittadinanze – verso giardini antichi di scacchi fatti d’oro e d’argento che conducono all’apparizione di un’araba fenice.

L’artista cerca, attraverso l’arte, un’unità spirituale e umana che possa trascendere gli odierni confini tracciati e imposti dalle limitatezze degli esseri umani. La trova durante la materializzazione della sua realtà, quasi vi inciampa inconsciamente da rabdomante con gli occhi serrati ma con lo spirito dischiuso, durante le preghiere quotidiane di mezzogiorno e del pomeriggio, quando la voce del muezzin penetra nell’Hammam di Skopje e si diffonde nella cupola principale dove l’artista proietta i disegni dei Sette Dormienti. L’antica leggenda narra di 7 giovani di Efeso che – per sfuggire alle persecuzioni dei cristiani sulle ali di un miracoloso evento – dormono inconsapevoli in una grotta per più di due secoli. Essi comprendono solo al risveglio di aver trascorso un tempo così lungo. Il richiamo della preghiera si mescola al testo di Bagnoli presente nella proiezione che tratta l’assenza di autorialità e il ruolo sociale dell’artista nelle civiltà antiche o nate al di fuori dall’Occidente. La voce dell’imam – che non ha un ruolo di mediazione fra fedeli e Dio ma funge esclusivamente da guida – si somma alla vocazione dell’artista che abbandona il suo abito personalistico da profeta per divenire messaggero nel presente della sua forma di vita e della sua arte.

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