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Di Alessandra Gabriele

Sull’importanza dell’educazione allo spazio

Il carattere specifico dell’architettura, rispetto le arti figurative e plastiche, è l’utilità. L’architettura definisce gli spazi con il quale il nostro corpo interagisce, entro i quali la nostra vita si svolge e il nostro tempo scorre. L’architettura è un’arte operativa ma anche «un’arte sociale che sta nel paesaggio e nelle città senza che i suoi destinatari l’abbiano scelta» sostiene Franco Purini. Un’arte che incide sulla vita privata quanto su quella collettiva. In un passato poco remoto, prima che la disciplina dell’architettura si formalizzasse come sapere specialistico, il fare costruttivo era un sapere pratico legato alla tradizione e quindi alla comunità. «Le case anonime erano costruite con sensibilità verso il luogo, verso i materiali e con spirito pratico; il risultato era così una notevole e appropriata bellezza», scriveva Steen Eiler Rasmussen. Oggi, nella società dei saperi specialistici, le case e gli spazi in cui la gente vive sono prive di qualità, senza che essa ne abbia consapevolezza. I cittadini si muovono ed esperiscono spazi urbani poco qualificati, e lo fanno, il più delle volte, in una condizione di distrazione. Eppure è nello spazio domestico e urbano che muoviamo i primi passi, che impariamo a conoscere il mondo e ad apprendere attraverso i sensi, l’esperienza: la qualità dello spazio non può non influire sulla formazione del nostro essere. Scriveva Yona Friedman in Architettura di sopravvivenza che «La crisi dell’architettura (come tutte le attività pianificatrici, quali che siano: l’economia, l’organizzazione, il coordinamento ecc.) è causata dall’impossibilità o, almeno, dall’estrema difficoltà di comunicazione.» Come tutte le scienze specialistiche, che riguardano però direttamente la società, uno dei problemi dell’architettura risiede nella difficoltà della comunicazione e nell’esoterismo della conoscenza.

Quello che Friedman auspica è una riformulazione della disciplina architettonica che ponga al centro della ricerca non tanto il manufatto quanto gli utenti e le loro necessità abitative. Friedman parte, infatti, dall’assunto che la crisi dell’architettura contemporanea deriva in larga parte dall’estrema difficoltà di comunicazione tra architetto e abitante. Appare necessario riflettere sulla condivisione della cultura architettonica, lavorare sulla comunicazione e la mediazione di contenuti e questioni attinenti al mondo dell’architettura per superare la distanza tra sapere specialistico e sapere comune, relativamente allo spazio e alla città. Colmare questo gap significa promuovere programmi di educazione allo spazio costruito, già in età scolare, connettendo diversi saperi e diverse professionalità. La sensibilizzazione e l’educazione architettonica in età scolare non è affare di soli educatori ed insegnanti, ma deve poter contare sul coinvolgimento di enti statali e locali, università, ordini professionali, scuole, fondazioni private ed istituzioni museali. A differenza di altri ambiti della cultura – si pensi alla musica o alle arti figurative – l’architettura non suscita appetito di conoscenza per la maggior parte della popolazione, non trova spazio nell’insegnamento scolastico, né nel dibattito pubblico e politico: è necessario uno sforzo incisivo, da parte degli organismi professionali e delle istituzioni statali, per democratizzare l’accesso ad un sapere architettonico e spaziale. In un momento storico come quello attuale, la vera azione rigenerativa non deve contemplare il solo patrimonio edilizio ma agire sulle coscienze comuni e sul pensiero dei piccoli cittadini: è necessario indurre la nascita di una cultura architettonica collettiva e di una consapevolezza spaziale diffusa, già nella scuola dell’obbligo. È necessario sensibilizzare bambini e adulti ad osservare criticamente la realtà, ad orientarsi e leggere lo spazio e le sue qualità, ad esercitare il proprio spirito critico per leggere consapevolmente il loro ambiente di vita ed avanzare, domani, la pretesa di spazi abitativi adeguati e qualificati: l’educazione allo spazio è, a tutti gli effetti, azione politica.

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